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Chi ha paura del buio?

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14/1/2025
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Sappiamo progettare la luce, ma come si progettano il buio, l’oscurità, l’ombra e il nero biblico1?

Schizzo di Cristian Catania

Di quanta luce ha bisogno l’uomo per vivere e di quanta oscurità?

È il titolo di un saggio2 scritto a più mani, tra cui anche quelle dell’architetto svizzero Peter Zumthor, che sonda il limite tra i due mondi, quello del progetto della luce e quello del buio, ricercando nell'architettura la dose umana di luce e oscurità con un approccio esperienziale e letterario. La luce artificiale è indubbiamente una conquista della modernità.

La notte è finita. Per secoli e secoli è stata una regina incontrastata, capace di creare un luogo – il luogo della paura e del pericolo, dell’incertezza, della possibilità del terrore. (…) Per quanto si risalga nel tempo è sempre stata presentata come un pericolo. Di notte si poteva solo dormire, al riparo delle mura domestiche (...). Ecco allora che per fuggire da questo ambiente malsano e rischioso, infido, che è la notte buia e tempestosa non c’è altro da fare che illuminarla: solo così le oscure ombre si sarebbero dissolte. E l’illuminazione è meravigliosa.3
Gerard Van Honthorst, Adorazione dei pastori

Da quel biblico Fiat lux in poi ci siamo formati con il mito della luce e la paura del buio creando modi di dire, proverbi e metafore che esaltassero la luce come sinonimo di positività, e la sua assenza, la tenebra, come elemento spaventoso e negativo per eccellenza.

Il progetto illuminotecnico, in quanto progetto della luce, poggia le basi su questo concetto: abbiamo paura del buio, meglio abbondare per non rischiare di cadere nella penombra.

Ma quanta luce ci serve realmente?

Già tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ‘60 Italo Calvino ironizzava su questo atteggiamento modernista con la novella “Luna e Gnac”, inserita nella raccolta Marcovaldo4: era una delle prime volte che qualcuno faceva presente che l’eccesso di luce costa una perdita. Dopodiché c’è stato un susseguirsi di prese d’atto e di ricerche scientifiche che ci hanno messo di fronte ad una realtà che a lungo è stata taciuta o forse solo trascurata. L’eccesso di luce artificiale, elettrica, è energivoro e dannoso, oltre che estremamente oneroso.

Possiamo ancora permetterci di abusar di luce solo per nascondere la nostra atavica paura del buio? Siamo pronti a iniziare a sondare nuovi paradigmi di progetto in cui la luce e il buio si fronteggiano da pari?

Una risposta poeticamente evocativa e anti-progettuale ce la offre Junichiro Tanizaki, che chiude il suo Libro d’ombra con questo proposito.

Vorrei riportare il mondo dell’ombra, che stiamo dissipando. Vorrei rendere più profonda la gronda dell’edificio che chiamiamo letteratura, oscurare le pareti, spingere nell’ombra le cose troppo visibili ed eliminare le decorazioni interne inutili. Non dico che tutte le case dovrebbero essere così, ma mi piacerebbe che ce ne fosse almeno una. Sarà possibile? Intanto, provo a spegnere le luci.5

A noi il compito di elaborare nuove strategie progettuali. Così le luci le abbiamo effettivamente spente nel progetto per il layout espositivo dell’Euroluce 2023. Non si illumina la luce era lo slogan riassuntivo del concept progettuale: avendo a che fare con aziende produttrici di apparecchi di illuminazione, che hanno nella luce il loro core business, la parola d’ordine è stata sottrazione: sottrazione di qualsiasi fotone che avrebbe potuto disturbare la corretta fruizione dei prodotti espositivi.

Euroluce 2023

Lasciamo gli spazi chiusi dei padiglioni di Rho Fiera e guardiamo verso l’esterno per creare le illuminazioni di spazi ed architetture outdoor: è su questo terreno che incrociamo il delicatissimo tema dell’inquinamento luminoso, che porta il progetto dell’ombra su un piano anche ambientale.

Bernina 12

Abbassamento è la chiave di volta dei nostri propositi, il valore guida che ci porta a riconsiderare i presupposti del progetto illuminotecnico, ma anche a diminuire i flussi in uscita e le temperature di colore, abbassare le quote delle sorgenti, ridimensionare i fasci uscenti, limitare le luminanze.

Il percorso dell’abbassamento passa attraverso un sentiero stretto, che viene supportato da un'altra strategia: quella di andare oltre la norma, mirando all’eccellenza e dando di più.

Note al testo:

1. All’inizio del dramma radiofonico “Under Milk Wood” scritto nel 1953 da Dylan Thomas, la voce narrante descrive la notte sulla piccola città gallese di Llareggub come senza luna, senza stelle e dal nero biblico, frase che diventerà poi titolo e brano principale del sesto LP dei King Crimson: “Starless and bible black”.  Perché la notte di Dylan Thomas è “bible black” (con Bible che perde la maiuscola e diventa aggettivo)? Forse per farci capire subito che siamo al buio e nel contempo per una connotazione religiosa del paesino. Ma anche per riconoscere una tipologia di nero delle origini, atavico e pure alquanto minaccioso, tra le tante specifiche di black, di darkness e di oscurità che attraversano i suoi versi. Under Milk Wood, che parte nel buio della notte, si apre al giorno e si richiude all’imbrunire, sulla notte che cade, nuovo palcoscenico per i suoi personaggi, in cui significativamente, come luce e ombra, impariamo che s’incontrano e dialogano i vivi e i morti.

2. Viste dall'alto, le illuminazioni artificiali notturne degli uomini mi commuovono. Illuminiamo le nostre case e strade, illuminiamo il nostro pianeta, cerchiamo di eliminare piccoli frammenti dell'oscurità, creiamo isole di luce per poter vedere noi stessi e le cose che abbiamo accumulato attorno a noi. Sentire, annusare, toccare, gustare, sognare nell'oscurità - non ci basta. Vogliamo vedere. Ma di quanta luce ha bisogno l'uomo per poter vivere? E di quanta oscurità? Esiste uno stato d'animo o una condizione di vita particolarmente sensibile, in cui minime quantità di luce bastano per vivere bene? O ancora: abbiamo bisogno di luoghi bui, ombreggiati, dell'oscurità della notte per poter fare determinate esperienze? (...). Quali luci vogliamo accendere tra il tramonto e l'alba? Che cosa vogliamo illuminare nelle nostre case, città e paesaggi? Come e per quanto tempo? Sono interrogativi della nostra cultura.

P. Zumthor, I. Beer, J. Mathieu, M. Marcacci, Wieviel Licht braucht der Mensch, um leben zu können, und wieviel Dunkelheit? - Di quanta luce ha bisogno l'uomo per vivere e di quanta oscurità?

3. tratto da Marco Filoni, Giove e il parafulmine – Archeologia luminosa del moderno (Edizioni Volatili, 2020).

4. La novella di Calvino inizia così: La notte durava venti secondi, e venti secondi il GNAC. Per venti secondi si vedeva il cielo azzurro variegato di nuvole nere, la falce della Luna crescente dorata, sottolineata da un impalpabile alone, e poi le stelle che più le si guardava più infittivano la loro pungente piccolezza, fino allo spolverio della Via Lattea, tutto questo scritto in fretta in fretta, ogni particolare su cui ci si fermava era qualcosa dell’insieme che si perdeva, perché i venti secondi finivano subito e cominciava il GNAC. Il GNAC era una parte della scritta pubblicitaria SPAAK-COGNAC sul tetto di fronte, che stava venti secondi accesa e venti spenta, e quando era accesa non si vedeva nient’altro. La Luna improvvisamente sbiadiva e il cielo diventava uniformemente nero e piatto, le stelle perdevano il brillio, e i gatti e le gatte che da dieci secondi lanciavano gnaulii d’amore muovendosi languidi uno incontro all’altro lungo le grondaie e le cimase, ora, col GNAC, s’acquattavano sulle tegole a pelo ritto, nella fosforescente luce al neon (...).

5. Junichiro Tanizaki, Libro d’ombra, ultima edizione italiana per Marsilio 2024.

DI OGNUNO

Dal progetto DI OGNUNO (scopri di più sulla Reception di Ognuno), nato da un’iniziativa di HospitalityRiva in collaborazione con Lombardini22 con Village for all - V4A® Ospitalità Accessibile, nasce un documento digitale che accompagna in un viaggio nel mondo dell’ospitalità accessibile e della progettazione universale nel settore dell’accoglienza, alla ricerca di risposte e soluzioni per la creazione di spazi e servizi che rispondano alle esigenze DI OGNUNO.

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Andrea Cacaci

Sono un architetto appassionato di luce, la passione si è trasformata in professione strada facendo. Inizialmente la questione illuminotecnica era "solo" uno degli aspetti da affrontare nei miei progetti, col tempo è diventata l'aspetto più importante. Ora la professione si è fusa con la passione e sono diventato un “lighting lover”.

January 14, 2025
Attualità
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January 14, 2025

Chi ha paura del buio?

Sappiamo progettare la luce, ma come si progettano il buio, l’oscurità, l’ombra e il nero biblico1?

Schizzo di Cristian Catania

Di quanta luce ha bisogno l’uomo per vivere e di quanta oscurità?

È il titolo di un saggio2 scritto a più mani, tra cui anche quelle dell’architetto svizzero Peter Zumthor, che sonda il limite tra i due mondi, quello del progetto della luce e quello del buio, ricercando nell'architettura la dose umana di luce e oscurità con un approccio esperienziale e letterario. La luce artificiale è indubbiamente una conquista della modernità.

La notte è finita. Per secoli e secoli è stata una regina incontrastata, capace di creare un luogo – il luogo della paura e del pericolo, dell’incertezza, della possibilità del terrore. (…) Per quanto si risalga nel tempo è sempre stata presentata come un pericolo. Di notte si poteva solo dormire, al riparo delle mura domestiche (...). Ecco allora che per fuggire da questo ambiente malsano e rischioso, infido, che è la notte buia e tempestosa non c’è altro da fare che illuminarla: solo così le oscure ombre si sarebbero dissolte. E l’illuminazione è meravigliosa.3
Gerard Van Honthorst, Adorazione dei pastori

Da quel biblico Fiat lux in poi ci siamo formati con il mito della luce e la paura del buio creando modi di dire, proverbi e metafore che esaltassero la luce come sinonimo di positività, e la sua assenza, la tenebra, come elemento spaventoso e negativo per eccellenza.

Il progetto illuminotecnico, in quanto progetto della luce, poggia le basi su questo concetto: abbiamo paura del buio, meglio abbondare per non rischiare di cadere nella penombra.

Ma quanta luce ci serve realmente?

Già tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ‘60 Italo Calvino ironizzava su questo atteggiamento modernista con la novella “Luna e Gnac”, inserita nella raccolta Marcovaldo4: era una delle prime volte che qualcuno faceva presente che l’eccesso di luce costa una perdita. Dopodiché c’è stato un susseguirsi di prese d’atto e di ricerche scientifiche che ci hanno messo di fronte ad una realtà che a lungo è stata taciuta o forse solo trascurata. L’eccesso di luce artificiale, elettrica, è energivoro e dannoso, oltre che estremamente oneroso.

Possiamo ancora permetterci di abusar di luce solo per nascondere la nostra atavica paura del buio? Siamo pronti a iniziare a sondare nuovi paradigmi di progetto in cui la luce e il buio si fronteggiano da pari?

Una risposta poeticamente evocativa e anti-progettuale ce la offre Junichiro Tanizaki, che chiude il suo Libro d’ombra con questo proposito.

Vorrei riportare il mondo dell’ombra, che stiamo dissipando. Vorrei rendere più profonda la gronda dell’edificio che chiamiamo letteratura, oscurare le pareti, spingere nell’ombra le cose troppo visibili ed eliminare le decorazioni interne inutili. Non dico che tutte le case dovrebbero essere così, ma mi piacerebbe che ce ne fosse almeno una. Sarà possibile? Intanto, provo a spegnere le luci.5

A noi il compito di elaborare nuove strategie progettuali. Così le luci le abbiamo effettivamente spente nel progetto per il layout espositivo dell’Euroluce 2023. Non si illumina la luce era lo slogan riassuntivo del concept progettuale: avendo a che fare con aziende produttrici di apparecchi di illuminazione, che hanno nella luce il loro core business, la parola d’ordine è stata sottrazione: sottrazione di qualsiasi fotone che avrebbe potuto disturbare la corretta fruizione dei prodotti espositivi.

Euroluce 2023

Lasciamo gli spazi chiusi dei padiglioni di Rho Fiera e guardiamo verso l’esterno per creare le illuminazioni di spazi ed architetture outdoor: è su questo terreno che incrociamo il delicatissimo tema dell’inquinamento luminoso, che porta il progetto dell’ombra su un piano anche ambientale.

Bernina 12

Abbassamento è la chiave di volta dei nostri propositi, il valore guida che ci porta a riconsiderare i presupposti del progetto illuminotecnico, ma anche a diminuire i flussi in uscita e le temperature di colore, abbassare le quote delle sorgenti, ridimensionare i fasci uscenti, limitare le luminanze.

Il percorso dell’abbassamento passa attraverso un sentiero stretto, che viene supportato da un'altra strategia: quella di andare oltre la norma, mirando all’eccellenza e dando di più.

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